Negli Yoga Sūtra, Patañjali apre il cammino degli Yama con un invito:
Ahimsā — अहिंसा
Spesso viene tradotta semplicemente come “non violenza”.
Ma chiunque abbia provato a praticarla davvero, sa che è molto più di questo.
Cosa significa davvero?
Non è un precetto da applicare con la testa. È una rivoluzione lenta del cuore.
Una disciplina invisibile che comincia nel modo in cui respiriamo, ascoltiamo, rispondiamo, pensiamo, sentiamo.
✷ Non è solo “non fare del male”.
È la radice da cui tutto nasce e ci guida in ogni passo sul sentiero dello yoga.
È scegliere la non ostilità, nella mente prima ancora che nel gesto.
È osservare il modo in cui ci parliamo, ci giudichiamo, ci raccontiamo.
È vedere come ci relazioniamo all’altro quando siamo feriti — e potremmo ferire a nostra volta.
È riconoscere quegli aspetti di noi — e degli altri — che, per fiorire, hanno bisogno di attenzione, presenza, cura, accettazione e gentilezza.
È imparare a vedere l’Ātman nell’altro1 — la sua anima profonda — e rispondere con empatia e compassione a ciò che, in fondo, è parte di noi stessi.
✷ Ahimsā è un’energia che ha 27 forme
Non è una morale da applicare, ma un’intenzione da coltivare. Come la pratica.
Secondo Vyāsa2, uno dei principali commentatori degli Yoga Sūtra, la violenza (Himsa) può manifestarsi su tre livelli:
Nel corpo la violenza si annida nei muscoli stretti, nei respiri trattenuti, nei dolori che ignoriamo. È la violenza che infliggiamo a noi stessi quando non ci permettiamo di sentire, quando non ci prendiamo cura di noi.
Nella parola si cela nei toni che feriscono più del contenuto, nei silenzi che diventano muri, nelle parole che chiudono invece di aprire. È la violenza che si insinua anche quando sembriamo calmi, ma parliamo per controllo, per difesa o per orgoglio.
Nel pensiero si radica nei giudizi automatici, nelle narrazioni che separano, nei pensieri che ci irrigidiscono verso noi stessi o gli altri. È la forma più sottile di violenza, quella che coltiva la divisione dentro di noi prima ancora che fuori. Spesso invisibile, ma profondamente fertile.
E può presentarsi in tre modi diversi:
Direttamente
Facendola fare ad altri
Approvandola interiormente (anche solo con il pensiero)
Ogni forma nasce da una delle tre radici del dolore:
Rāga (attaccamento) — राग
Dvesha (avversione) — द्वेष
Moha (ignoranza) — मोह
3 livelli × 3 modalità × 3 cause = 27 forme di violenza.
Anche quando non agiamo… Possiamo essere parte della violenza.
Anche quando non diciamo nulla… Possiamo alimentarla.
Anche quando pensiamo in silenzio… Possiamo ferire, noi stessi o gli altri.
Questa riflessione non è qui per colpevolizzare.
È qui per accendere la presenza.
Ogni volta che scegliamo la consapevolezza, stiamo scegliendo di guarire.
Ahimsa è un giardino interiore. Si coltiva con attenzione, presenza, coraggio e gentilezza, è un modo di vivere rivoluzionario e pieno d’amore.
✷ Ahimsā nella pratica quotidiana
Ahimsā è una pausa.
Un respiro prima dell’impulso.
Una domanda che sussurra dentro ogni gesto:
Cosa sto coltivando dentro di me?
Sto creando connessione o separazione?
Le mie parole costruiscono o feriscono?
Sto parlando dal cuore o dalla mia ferita?
C’è amore nei miei pensieri e nelle mie azioni?
È fatta di scelte, di dettagli invisibili, di piccoli atti, di pause gentili, è una energia che cresce nella misura in cui la coltiviamo — giorno per giorno.
La violenza auto-inflitta è forse la più difficile da vedere. Quella che ci sussurra che “non siamo abbastanza”, che “dovevamo fare di più”, che “non ci meritiamo amore se non siamo perfetti”.
Patañjali ci chiede, con gentilezza, di cominciare lì:
Nel gesto con cui ti nutri, nel tono con cui ti guardi allo specchio.
Nel lasciarti spazio di riposare senza sentirti colpevole.
Nell’accogliere con consapevolezza i samskāra — संस्कार — quelle impronte profonde lasciate dalle esperienze passate che modellano il nostro modo di sentire, pensare e agire.
Nel riconoscere il valore dei tuoi bisogni e delle tue necessità interiori.
Quindi, è lavorando sul sé che si coltiva Ahimsā.
Perché, in realtà, ogni forma di violenza — anche quella che sembra diretta verso gli altri — è prima di tutto auto-inflitta. Chi soffre di più è proprio chi la esercita, imprigionato in una rete di dolore, paura e separazione dal sé.
Praticare Ahimsā significa liberarsi da questa catena, scegliendo il rispetto e la gentilezza verso se stessi come primo atto di vera forza interiore.
✷ Semi da piantare
Parole, suoni, e film per coltivare il nostro Sé con gentilezza, amore e presenza
📘 Il silenzio è cosa viva – Chandra Livia Candiani
Poesie e meditazione che ci ricordano come la delicatezza sia una forma di forza. Un libro che insegna a stare, ad ascoltare senza afferrare, a sentire.
🎧 Ambient Affirmations – Dianna Lopez
Un'ora di vibrazioni calde, morbide, come un abbraccio. La chitarra e la voce di Dianna sono la colonna sonora perfetta per lasciar germogliare dentro di te il seme di Ahimsā — nella quiete, nella presenza, nella luce.
📿 Bhagavad Gītā, capitolo 12 – Verso 13-14
“Colui che non odia alcun essere vivente,
che è gentile e compassionevole,
libero dall’ego e dall’attaccamento,
imperturbabile nella gioia e nel dolore
colmo di pazienza, sempre soddisfatto,
disciplinato nello yoga, con lo spirito sereno,
con mente e cuore fissi in Me –
quel devoto è per Me un essere amato.”
(Gītā 12.13-14)
🎥 Perfect Days – Wim Wenders
Hirayama non combatte il mondo: lo ascolta. Pulire un bagno, annaffiare una pianta, leggere un libro o scattare una Polaroid diventano rituali di presenza, silenziosi atti di gentilezza verso il mondo. Vivere nel momento, coltivare la disciplina interiore, riconoscere che nulla nella vita è “troppo poco” per meritare rispetto. Anche le cose più piccole — un sorriso, una foglia, un bagno pulito — possono rendere la vita straordinariamente bella.
✷ Riflessioni da fare
Riesci a riconoscere quel sottile sussurro di giudizio o durezza che spesso si nasconde nelle pieghe dei tuoi pensieri?
Che cosa accade dentro di te quando scegli la gentilezza invece della reazione automatica?
Quale gesto di Ahimsā potresti regalarti oggi, piccolo ma potente, per coltivare più amore dentro e intorno a te?
💌 Se ti va, rispondimi sui commenti o con un messaggio privato. Ti leggo.
A presto,
Con ♡ (oggi zero sclero)
Kamalā
Swami Prabhavananda e Christopher Isherwood, Gli aforismi yoga di Patañjali. Alla ricerca di Dio (Edizioni Mediterranee — Roma, 1984): «Dobbiamo coltivare l’amore per tutti e cercare di vedere l’Atman in ognuno. Pensare a noi stessi come a dei servitori dell’umanità»
Swami Hariharananda Aranya, Yoga Philosophy of Patañjali: Containing His Yoga Aphorisms with Vyasa's Commentary in Sanskrit and a Translation with Annotations (Albany: State University of New York Press, 1983)